D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (c.d. “decreto liquidità”)

Prime note: Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall’emergenza COVID-19 (artt. 5, 6, 7, 8, 9, 10)

L’art. 5 del D.L. 8 aprile 2020 n. 23, nell’ambito delle misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall’emergenza COVID 19, ha rinviato sino al 1° settembre 2021 l’entrata in vigore del Codice della crisi e dell’insolvenza.

La norma risponde all’esigenza segnalata dalla maggior parte degli operatori del settore di evitare di dover affrontare l’entrata in vigore di un complesso di norme dal grande contenuto innovativo, che avrebbe avuto un impatto significativo sull’operatività delle imprese, in un momento in cui le stesse ed i consulenti che le assistono, sono concentrati sul tentativo di affrontare l’emergenza.

Il rinvio appare quanto mai opportuno anche nella prospettiva di adeguare il corpo normativo al quadro economico che si delineerà a valle dell’emergenza e di eliminare le aporie da più parti segnalate già prima dell’emergenza.

L’art. 6 prevede che, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto e fino alla data del 31 dicembre 2020, per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data, non trovino applicazione gli artt. 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482 bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482 ter del codice civile.

Per lo stesso periodo non opereranno le cause di scioglimento per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545 duodecies del codice civile.

Vengono, in buona sostanza, disapplicate, limitatamente agli eventi verificatisi nel periodo compreso tra l’entrata in vigore del decreto ed il 31 dicembre 2020, le norme che disciplinano per S.r.l., S.p.a. e Società Cooperative, la riduzione del capitale per perdite e le conseguenti cause di scioglimento delle società.

La norma consente di evitare che i fatti strettamente legati all’emergenza impongano di adottare iniziative che potrebbero compromettere la continuità aziendale e libera l’organo amministrativo dalle responsabilità derivanti dalla mancata adozione delle iniziative previste dalla legge.

Nella stessa direzione si inserisce la previsione di cui all’art. 7 del decreto che prevede che, nella redazione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, la valutazione delle voci nella prospettiva della continuazione dell'attività di cui all'articolo 2423 bis, comma primo, n. 1), del codice civile può comunque essere operata se risulta sussistente nell'ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020, fatta salva la previsione di cui all'articolo 106 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 in tema di convocazione e modalità di svolgimento delle assemblee.

Lo stesso vale per i bilanci relativi all’ultimo esercizio ante emergenza che non siano ancora stati approvati alla data di entrata in vigore del decreto.

Tale disposizione, in buona sostanza, neutralizza gli effetti dell’emergenza ai fini della valutazione in prospettiva di continuità aziendale delle voci di bilancio.

L’art. 8 disapplica, nel periodo compreso tra l’entrata in vigore del decreto ed il 31 dicembre 2020, le previsioni di cui agli art. 2467 e 2497 quinquies c.c., con la conseguenza che i finanziamenti erogati alla società dai soci e dai soggetti che esercitino attività di direzione e coordinamento, pur in presenza di uno squilibrio patrimoniale che ne avrebbe imposto la ricapitalizzazione, non potranno essere soggetti a postergazione.

Tale norma, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe incentivare l’intervento finanziario da parte dei soci e dei soggetti che esercitino la direzione e coordinamento, parificandone la posizione a quella dei finanziatori terzi.

L’art. 9 introduce alcune modifiche alla disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione.

Per i concordati preventivi e gli accordi di ristrutturazione già omologati si prevede una moratoria di sei mesi per i termini di adempimento aventi scadenza tra il 23 febbraio 2020 ed il 31 dicembre 2020.

Per i procedimenti per cui sia pendente il procedimento di omologazione, il debitore potrà presentare istanza per la concessione di un nuovo termine non superiore a 90 giorni e non prorogabile per il deposito di un nuovo piano o di un nuovo accordo di ristrutturazione.

La norma non lo prevede espressamente ma sembra potersi ritenere che a seguito del deposito del nuovo piano il Tribunale dovrà procedere ad un nuovo vaglio di ammissibilità della proposta, sottoporla all’approvazione dei creditori e solo successivamente ad un nuovo procedimento di omologazione.

La norma precisa - ma stante l’incipit del secondo comma che riferisce la fattispecie ai “procedimenti per l’omologazione del concordato preventivo” non poteva essere diversamente - che la proposta non possa essere legittimamente presentata ove si sia già tenuta l’adunanza dei ceditori e non siano state raggiunte le maggioranze di cui all’art. 177 l.f.

Il terzo comma prevede che il debitore che intenda modificare solo i termini di adempimento della proposta di concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione, possa depositare, sino all’udienza fissata per l’omologazione del concordato, una memoria contenente l’indicazione dei nuovi termini per l’adempimento, che non potranno essere superiori di sei mesi rispetto alle scadenze originarie, depositando i documenti che comprovino la necessità di modifica dei termini originari.

Il Tribunale, in sede di omologazione del concordato e acquisito il parere del Commissario Giudiziale, procederà all’omologazione del concordato dando atto delle nuove scadenze.

La proposta così modificata non dovrà, pertanto, essere sottoposta ad una nuova approvazione da parte dei creditori.

Venendo, invece, alla fase del pre-concordato, il debitore che abbia ottenuto la concessione del termine di cui all’art. 161, sesto comma l.f., che sia stato già prorogato, potrà presentare istanza per la concessione di una ulteriore proroga sino ad un massimo di 90 giorni, anche nei casi di pendenza di istanza di fallimento.

L’istanza dovrà essere motivata con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza.

Il Tribunale potrà concedere la proroga, acquisito il parere del Pre-Commissario, se nominato, in presenza di concreti e giustificati motivi.

Sembra potersi ritenere che tale proroga possa cumularsi a quella “automatica” conseguente all’applicazione del disposto di cui agli artt. 83, primo comma, D.L 17 marzo 2020, n. 18 e 36 D.L. 8 aprile 2020, n. 23 che prevedono la sospensione dei termini processuali nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e l’11 maggio 2020 e, tra questi, il termine per il deposito della proposta di concordato.

Il debitore che necessiti di beneficiare della proroga prevista dall’art. 9, quarto comma, del D.L. 8 aprile 2020 n. 23 potrà beneficiare, ove sia in grado di documentarne la necessità e la riconducibilità della stessa all’emergenza, di una proroga di complessivi 154 giorni.

Analoga previsione è prevista con riferimento all’accordo di ristrutturazione dei debiti ove il debitore abbia ottenuto la concessione del termine di cui all’art 182 bis, settimo comma l.f.

L’art. 10 prevede, infine, che i ricorsi per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza depositati nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020 debbano essere dichiarati improcedibili con la sola eccezione delle istanze presentate dal Pubblico Ministero contenenti la domanda di emissione di provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa ai sensi dell’art. 15, ottavo comma, l.f.

L’ultimo comma dell’art 10 prevede, infine, che qualora alla dichiarazione di improcedibilità del ricorso faccia seguito la dichiarazione di fallimento, il periodo di “neutralizzazione” delle istanze non verrà computato nei termini di cui all’art. 10 e 69 bis l.f.

Sembra, quindi, che la “suddetta “neutralizzazione” operi solo in presenza di istanze depositate e formalmente dichiarate improcedibili e che, in difetto di una formale declaratoria di improcedibilità, i termini di cui all’art 10 e 69 bis l.f. farebbero il loro regolare corso.

La previsione che aveva trovato ingresso nelle prime bozze del decreto legge sembrava di maggior efficacia prevedendo de plano la sospensione dei suddetti termini nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020.

 

Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale. Per ulteriori informazioni contattare lo Studio.